venerdì 2 giugno 2023

I nostri poeti (2): Italo Radoccia magistrato poeta e saggista

Dott. Italo Radoccia

Italo Radoccia Magistrato, Poeta e Saggista.

Magistrato dal 1997 ha prestato servizio presso la Procura della Repubblica di Crotone, il Tribunale di Chieti, il Tribunale di L’Aquila, il Tribunale di Vasto e attualmente presso il Tribunale dei Minorenni d’Abruzzo. 

E’ stato Docente a contratto di materie giuridiche presso l’Università della Calabria di Cosenza e presso l’Università D’Annunzio di Chieti. Collabora con varie riviste di diritto. E’ autore di testi a carattere giuridico. Ha vinto numerosi premi  di poesia di livello nazionale e ha pubblicato due raccolte di versi.

 A MIO FIGLIO

Tante certezze, poi dubbi sovrani

e di mio padre l’ultima carezza,

e l’amico perduto e amori vani.

Ma basta un figlio a ricolmare il vuoto?

Mi tormenta il passato e il suo fardello,

figlio mio, e il senso ancor di questo gioco

nel ricordo d’un rapido battello

che non conosci e che ormai è partito.

S’apron davanti a te di anno in anno

l’amicizia, l’amor, la giovinezza,

le illusioni che ancor c’inganneranno

e tanti sogni. Ma come il granito

copre le insidie della vita ria,

a cui la tua innocenza non è avvezza,

sarà tuo padre a lastricar la via.

 

AGHI DI PINO

Aghi di pino tra voi cerco l’infanzia

fugace come la terra dalla mano.

Dalle radici ben salde la speranza

di rivederti ancora, amico, contento.

Le grida, gli schiamazzi, i tonfi io sento

di una stagione che non ritorna più.

Ma è sempre presente in noi, anche lontano

e nulla perisce finché ci sei tu.

 

GIOVINEZZA

Nelle interminabili primavere

gli intensi baci, gli sguardi felici

di un amore invincibile, il piacere

di risa fragorose, la certezza

di un’amicizia salda alle radici

perenni della nostra giovinezza.

Al mattino i garriti di un gabbiano

ridestano un rimpianto ormai vano,

e sei lontana, sola, vulnerabile,

nessuno più ricorda la fierezza,

la stagione è la stessa, adesso labile,

ma il sole splende sulla giovinezza.

La neve che stancamente si posa

sulle tempie, non dice la tristezza,

e più non canto, soltanto una chiosa

a margine di una vita, ed invano

ripenso ancora a quel tempo lontano

a cavallo della mia giovinezza.

 

IL TEMPO

Il tempo è il pendolo che scocca l’ora,

la clessidra che scorre sulla fragile

sabbia, è il muto orologio che cammina

senza voltarsi indietro, inesorabile

su binari infiniti.

E’ il quadrante del campanile, in cima

a muri scoloriti,

nell’attimo di un volo

d’uccelli sulle tegole

d’una città che dorme il sonno debole

dell’aurora, che accende il cielo in oro.

Un altro giorno ancora, altri rintocchi

a scandire il trascorrere del tempo,

la notte, il giorno, le stagioni, il senso

di un destino beffardo.

Sola certezza è il fondo del tuo sguardo,

immutabile la luce dei tuoi occhi.

 

La cifra poetica di Italo Radoccia, fortemente evocativa, si avvale della costruzione musicale del verso, di assonanze e accordi linguistici per esprimere la gamma di sentimenti che ne forgiano l’ossatura portante. Tra metafisico e panico, legato a una dimensione poetica tradizionale, in equilibrio tra formule acquisite e innovazioni personali, s’immerge nella tangibilità del vissuto di cui coglie le sottili dinamiche, l’eufonia, non rinunciando a visioni di più ampio respiro, dove la sintesi fra  quotidiano e mitico diviene affondo esistenziale. Oggetto e simbolo, significato e figurazione si uniscono in unica dimensione.

Italo passa dall’inquietudine, dal desiderio epico del vivere, annullando la finitezza umana, a un bisogno di spazi delimitati dal caldo buono che sa di quiete,  calore familiare,  amore, amicizia, pacificazione.  

Fra le tematiche ricorrenti, oltre alla nostalgia, lo scorrere del tempo, “il muto orologio che cammina/senza voltarsi indietro …”, un panta rei  che lo distanzia ma non lo distacca da giovanili sussulti d’amore: “Splendide le tue guance nella sera/come i frutti sospesi degli aranci….” Ma anche i garriti di un gabbiano hanno il potere di ridestare “ un rimpianto ormai vano,/e sei lontana, sola, vulnerabile …” Egli sembra tendere a un’immutabilità che gli sfugge e che cerca attraverso presenze stabili, la cui forza, come quella di un albero possente come il pino, lo rassicura. Ed è la fugacità che lo tormenta e lo tenta verso un domandarsi irrisolto poiché non espresso.

Ogni poeta porta con sé bagagli culturali metabolizzati e riproposti secondo la propria dinamica mentale, il proprio tipo di sensibilità, la propria esigenza espressiva. L’ estro poetico di Italo sembra aderire alla formula crepuscolare, alla sua espressione più idilliaca.  E, nel non allinearsi a moduli  d’avanguardia, dimostra l’autenticità di una scelta, controcorrente, disusata, se si vuole, ma vissuta in consapevole autonomia.             

Gabriella Izzi Benedetti

 

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