martedì 30 maggio 2023

I nostri poeti (1): "La poesia di Magda Rover non può lasciare indifferenti"

 

 La  Società vastese di Storia Patria Luigi Marchesani non ha un grande numero di iscritti (ed è un peccato), ma gli iscritti sono di qualità (ed è una bella soddisfazione). Nello scorso dicembre, il giorno 30, un gruppo di poeti-soci ha recitato i propri versi in una riunione programmata nella Pinacoteca di Palazzo d’Avalos, dimostrando ottime capacità. Mi è sembrato che la loro voce dovesse essere diffusa, oltre che nelle pubblicazioni che ciascuno ha prodotto o produrrà, attraverso il nostro blog. 

Magda  Rover 

La prima poetessa  che propongo è Magda Rover: nata ad Albona (Pola), vive e opera a Vasto (Ch). È stata insegnante elementare; scrive poesie per passione. Ha ricevuto molti premi, tra cui il Premio di Levico Terme, Premio Riva del Garda, Premio S. Valentino, Premio della Cultura “Omaggio a Gianni Agus”, “Omaggio a Eugenio Cirese” di Roma, “Gli amici dell’Umbria”, “I Ponti dell’Arte” di Napoli, “Alberoandronico” di Roma, Premio di Moncalieri (To). Il riconoscimento più bello lo ha avuto, vincendo il primo premio a Spoleto con una poesia dedicata all’amato figlio Roberto, deceduto.

La poesia di Magda Rover non può lasciare indifferenti.

L’immersione nel proprio vissuto da cui trae versi di sofferta, stremata scrittura, come il “silente tarlo, corrosivo!” della straziante lirica sulle foibe, oppure colmi di delicate ambientazioni, la porta ad una tensione verbale dove l’intensità della sofferenza fluisce in una tristezza conchiusa in sé, priva di sfogo, che non esclude il superamento, la ribellione al male, una sorta di catarsi che alleggerisce, ricompone,  restituisce “il coraggio di vivere”. E lei torna alle dolcezze degli affetti familiari, alla speranza del vivere, alla preghiera che le detta versi suggestivi “… vorrei comporre per Te/un canto d’amore/e chiedo melodie/alla voce del mare/al respiro del vento/al brillio delle stelle/alla luce del sole.” E ripercorre istanti di felicità  con la piccola Valentina.

Sono, i suoi, quadri dialogici o descrittivi  dove intimismo e comunicazione, rievocazione ed enunciazione si fondono attraverso una scrittura nitida, rivelatrice di una personalità che ha saputo, attraverso l’arte poetica, trovare una propria dimensione umana e letteraria, un equilibrio personale e sociale, attuare un cammino di crescita, di pacificazione, e questo è proprio degli spiriti dotati di forza morale e interiorità.

 

 

Nitido il ricordo …

Silente tarlo, corrosivo!

Nascosto nelle più segrete pieghe dell’anima,

nei misteriosi anfratti del cuore,

da settant’anni, a intervalli,

mi richiami, foiba di Villa Surani*.

Arrivo, finalmente!

 

Dolente percorro l’ultimo tratto del sentiero

che da te mi separa:

accompagno Norma**, mi par di vederla,

povero grumo di dolore crocifisso!

Ultima della filiera di morte, legati i polsi

agli avambracci di chi la precede.

Massacrata com’è, si regge, avanza, incespica,

tramortita crolla, inerte la trascinan?

E il corteo del branco assassino

Sghignazza, deride ancora?

 

All’improvviso ti interfaccio, orrido buco nero

più nero del segreto che nascondi;

irridente orbita vuota o pupilla dilatata sul mistero?

Mi respingi e mi attrai: ho paura, una paura folle!

 

Poi la commemorazione:

la mia poesia urlata agli astanti e

al singhiozzo di una tromba lontana…,

la preghiera per vittime e carnefici

le invocazioni di perdono e pace!

È finita ma non so lasciarti…

Mi incateni!

Qual sortilegio è mai? Malevola, beffarda mi guardi,

tenti ghermirmi, fagocitarmi.

Perché? Non capisco, non so…

Inatteso l’inconscio aggancia nitido,

il ricordo di me bambina

con fratellini e madre a te destinati.

Ora comprendo …

 

Addio per sempre, non voglio rivederti mai più,

foiba di Villa Surani, ignaro, incolpevole strumento

della barbarie umana!

Alla mia bora, che ancora mi parla in cuore,

affido l’invocazione che risuonò un giorno,

alla foiba di Gropada:

- Padre, perdona loro, non sanno … -

 

* Foiba di Villa Surani, presso Antignana (Pola). Il 5 ottobre del 1943 vi furono precipitati, ad opera dei partigiani di Tito, 26 civili istriani che furono riesumati il 10.12.1943

** Norma Cossetto, fu razziata, le furono promesse libertà e mansioni direttive se avesse accettato di collaborare e di aggregarsi alle imprese dei titini. Rifiutò e fu seviziata da diciassette bruti ed infoibata con 25 compagni di sventura.

 

Una rosa bianca

Indossavi un prendisole rosa acceso

ciabattine in tinta - fiore -

tra gli oleandri fioriti

ai bordi del vialetto.

Feeling, empatia?

D’un tratto esclamasti:

– Sei una bella rosa, nonna!

– Sì, gioia, una rosa un po’ appassita:

non sono più tanto giovane,

tu, invece, sei un fresco bocciolo rosa.

Non ti preoccupare, nonna,

quando diventerai vecchietta,

avrai i capelli bianchi,

sarai una bella rosa bianca.

 

Lirica tratta dalla silloge “La rosa bianca”: sono poesie ricche di sentimenti genuini, che sgorgano dal più

profondo del cuore per raccontare liricamente l’intenso rapporto che l’autrice ha avuto con la nipote

Valentina, quanto costei era bambina. Del resto, il titolo della silloge è nato proprio da una singolare

espressione pronunciata dalla piccola in una splendida giornata, tra il profumo degli oleandri in fiore, e

riportata in versi dalla Rover: “Non ti preoccupare, nonna,/quando diventerai vecchietta,/avrai i capelli

bianchi,/sarai una bella rosa bianca”.

 

 

Anche Tu

Oggi vorrei comporre per Te

un canto d’amore

e chiedo melodie

alla voce del mare

al respiro del vento

al brillio delle stelle

alla luce del sole.

Cerco spartiti

nel coraggio di vivere

nelle dimensioni della speranza

nella fatica di credere

nella sapiente creatività di chi ama.

Uomo – Dio dalla tenerezza immensa,

asciugare vorrei con Te

le lacrime silenziose del dolore innocente.

Mutare in preghiera

la voce di chi impreca

perché non sa che

non sei Tu a volere il male.

Anche Tu, Amore infinito,

sei stato crocifisso.

 

Splendore d’ambrosia

Con ali fatate

sorvoli il male

e l’ugola d’oro

modula

il soffrire in canto.

Pescano le tue radici

in vischioso fango ma,

dall’eretto stelo,

splendore d’ambrosia

fluisce

alla rossa corolla appassionata.

 

 

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