giovedì 7 gennaio 2021

Racconto: RICORDO DI MIO PADRE

L'ing. Antonio Izzi ( a 29 anni)
A Vasto molte opere pubbliche sono legate al nome dell’ing. Antonio Izzi (1898-1941). Opere a tutt'oggi riconoscibili per le loro armoniose linee architettoniche come il Politeama Ruzzi; il Castello Aragona; uno dei palazzi scolastici in corso Italia; l’Albergo Nuova Italia; diverse palazzine lungo il corso e alcuni eleganti villini alla Marina. A cui vanno aggiunte altre importanti strutture come  l’Acquedotto del Sinello e il Campo Sportivo Aragona.  Purtroppo Izzi è scomparso prematuramente all'età di 43 anni. 
Nell'articolo la figlia Gabriella racconta quei momenti e gli anni che seguirono. 

da VastoDomani agosto 1990

 La Prof.ssa Gabriella Izzi Benedetti, nostra concittadina residente a Firenze, ci invia questo articolo, in ricordo di suo padre, l'Ing. Antonio Izzi.

Trattasi di una visione impressionistica, diremo meglio giornalistica, soffusa di rimpianti, di una figliuola che ricorda il padre, quand'Ella era bambina.

Conoscemmo anche noi e stimammo con rispetto riverenziale la figura dell'Ing. Antonio Izzi all'epoca della nostra adolescenza. Erano tempi in cui i giovanissimi avevano ammirazione per coloro che avevano combattuto, con onore, la prima guerra mondiale. Con Raffaele Paolucci, medaglia d'oro, divenuto poi grande chirurgo internazionale, con Giacomo Acerbo combattente, fratello del caduto medaglia d'oro, c'era anche a Vasto l'Ing. Izzi, medaglia d'argento, comandante di un plotone della compagnia arditi, distintosi nei combattimenti della Nervesa dal 15 al 18 Giugno 1918. Studenti all'inizio della ' 'Regificazione ' ' di quella scuola ricordiamo l'Ing. Izzi, presidente dell'Istituto Tecnico Commerciale Nicola Paolucci, incarico che consideravamo soffuso di un alone di capacità, per quel tempo, ma anche di riconoscimento alle qualità di un cittadino che si era distinto con onore in guerra ed in pace.

Per queste ragioni dobbiamo ringraziare Gabriella Izzi per il pregevole scritto, in ricordo di suo padre, (n.d.d.)

 

La semioscurità della cucina, lasciava intravedere una figura in movimento dietro lo smeriglio della porta accostata; Maria, in penombra lucidava le scarpe di mio padre. Scarpe nere: che, nel ricordo mi paiono enormi. "'Domani papa si alza perché arriva l’ingegnere che lo sostituisce" mi spiegò, con la schiena girata. Oltre alla libera professione, mio padre era ingegnere presso il Comune e in quel periodo dirigeva i lavori di ampliamento per l'acquedotto. Dacché si era ammalato un giovane collega veniva talvolta a consultarlo.

Sentii come una grossa pietra rotolare via dallo stomaco. Se si alzava era guarito; corsi attraverso il corridoio buio, attraverso l'ingresso; entrai nella stanza da pranzo illuminata dal riflesso delle luci della strada; sembrava che nessuno si fosse ricordato di accendere le luci quella sera; la piazza su cui si affacciava il balcone lasciava intravedere un grosso pezzo di cielo blu, non ancora stellato; c'era invece uno spicchio di luna e tutto questo vidi correndo in quel silenzio strano, innaturale. Una nostra vicina mi bloccò e mi disse "Papà dorme e non bisogna svegliarlo" "Domattina però si alza" "Certo" "rispose" ma intanto tu e Giuliana dormirete nella stanza con Maria Teresa e Anita per non disturbarlo".

La mattina seguente vennero a svegliarci, e poi qualcuno mi prese per mano e lo vidi nel salotto grande, disteso in quel letto stretto stretto tutto vestito di scuro. E c'era tanta gente e sentivo piangere e bisbigliare e fu allora che, per la prima volta nella memoria, l'immagine di mia madre appare nitida di contorni e d'espressione. Fino ad allora la sua figura è come incastonata dentro l'impalpabile fluire della vita con la sua quotidianità che nel continuo ripetersi perde un preciso contorno e prende il colore dello stato d'animo; minuzzoli di sensazioni. Rimane mia madre una presenza costante ed essenziale come il vento che non vedi eppure senti o i profumi e, dentro un gioco di luci e d'ombre, sono archiviati i suoi umori tristi o lieti.

Mi resta un particolare modo di muover la testa o un gesto delle piani.

Poco d'altro. Forse perché allora nella mia mente dominava la figura di mio padre, o forse perché in futuro la sua presenza costante calata nella continuità del vivere con i suoi passaggi e le sue modifiche hanno reso meno essenziale cristallizzarla nella memoria più antica, chiuderla in una specie di scrigno perché tutto restasse fermo.

Cosi, tra quel bisbiglio e quell'odore ossessivo di fiori, vidi mia madre; sedeva silenziosa, ai piedi di quel letto stretto, e sul suo vestito si erano creati due solchi, due rigagnoli che scendevano dalle guance e attraversavano il petto: le lacrime in sovrappiù rotolavano per essere assorbite più in basso e qualcuna bagnava già la gonna. Il significato di tutto questo mi sfuggiva, ma ero presa da uno sgomento sconosciuto e fu un sollievo quando la signora del piano di sotto mi prese per mano e mi portò a casa sua. Seppi, e questo mi tranquillizzò molto, che mio padre in  Purgatorio non poteva essere perché l'aveva vissuto in terra con tutto quel soffrire, e quindi era sicuramente in Paradiso. Sapevo che il Paradiso è per chi muore e chi muore non torna ma la mia irrazionalità infantile mi impediva di associare questa nozione astratta alla mia personale vicenda. Questo doveva essere un altro Paradiso da cui si andava e veniva, e mi affannavo a chiederle come si andava e si tornava da esso; e però lei che aveva gli occhi rossi e continuava a soffiarsi il naso si spazientì per la mia petulanza e mi gridò di smetterla, di non esser cattiva altrimenti mio padre avrebbe pianto, ed io mi sentii in colpa e mi chiesi cosa avessi mai fatto, ma sicuramente dovevo aver fatto qualcosa di male se la gente non mi sorrideva più, addirittura mi sgridava. Coinvolta in quell'infinita tristezza dubitai di averla provocata io e mi chiedevo inquieta se non era per caso per qualche mia cattiveria che mio padre era andato via tanto lontano, addirittura in Paradiso.

Da allora niente è stato come prima; all'inizio  fu più che altro una sensazione allo stato percettivo, ma in seguito, accumulandosi gli anni, il "prima" e il "dopo" sono sempre più venuti a configurarsi come due mondi a parte, il “prima” dai contorni azzurrognoli, come un'isola dove tutto si muove con la lenta placidità di un

acquario, dove tutto è complementare di lutto il resto, sicché ogni cosa ha la sua giusta collocazione in armonia con il contesto.

A parte preziose presenze che formarono quadrato intorno a noi,

fu anche tempo di sciacalli piombati ad approfittare del dolore e

della buona fede; fu tempo di invidiosi che ti entravano in casa nella speranza che tutto fosse peggio di ciò che era, e infine avveniva che molti in buona o in mala fede si arrogavano il diritto di irrompere nel nostro privato per subissarci di consigli non richiesti e fare valutazioni fuori luogo.

E in questo le due donne che ci aiutavano in casa. Maria e Vittoria, divennero preziose vestali della nostra sopravvivenza. Alte tutte e due con le gonne lunghe, ampie e scure delle donne del popolo, il corpetto stretto, i capelli raccolti a crocchia, altere, silenziose ed efficienti, arginavano, selezionavano, erano sempre pronte a difenderci ed intervenire. Senza di loro non so come sarebbe stata la nostra vita.

E comunque la forza morale di mia madre ebbe ragione di tante

difficoltà e ci fu di esempio. E soprattutto ci è stato sempre di stimolo e conforto la consapevolezza di aver avuto un padre eccezionale; e non solamente in quanto padre per la sua affettuosità ed il ridente equilibrio che sapeva generare in noi, costantemente, ma per le sue specifiche peculiarità di uomo e professionista.

Nei suoi pochi anni di vita (43), mio padre, giovanissimo ha meritato una medaglia d'argento e una croce al valore nella prima guerra mondiale. E, sulla sua esperienza di guerra ha scritto un piccolo, interessante libro. Laureatosi in ingegneria a 23 anni, è divenuto in breve uno dei professionisti più apprezzati, a cui venivano affidati incarichi impegnativi. E la sua attività fu prestigiosa e non conobbe sosta.

Con grande serietà e disponibilità umana attese ad incarichi che esulavano dalla sua professione: fu Presidente e direttore amministrativo dell'asilo d'infanzia delle Suore della Croce, dell'Istituto Tecnico, dei Combattenti e furono tutte prestazioni gratuite. Cosi come, coerentemente con il suo spirito cattolico non volle mai compenso per progetti o ristrutturazione di chiese in Vasto e dintorni. Il suo amore di Patria fu fortissimo, e cosi il rispetto per la dignità dell'individuo.

La sua etica lo portò a rinunciare alla carica di Podestà offertagli.

Uno dei tanti esempi della sua dirittura morale.

Mi riesce complicato e mi mette a disagio tessere le lodi di mio padre, posso dire che continuamente ho sentito lodarne l'intelligenza, l'onestà; so anche che tante volte nella vita mi è capitato che solamente il dire di essere sua figlia è stata una garanzia di valore, e il suo nome ha suscitato sempre ammirazione e rispetto. Ancora oggi a distanza di tanti anni la sua figura viene ricordata da molti come esempio di quei valori morali oggi spesso in discussione. Ripeto, mi è difficile parlarne; per noi di famiglia era il calore, il sorriso; per molti che con lui hanno lavorato, una personalità straordinaria e carismatica.

E non mi è facile stabilire dove finisce in me il rimpianto per il padre perduto e dove inizia l'orgoglio per il padre avuto.

Gabriella IZZI BENEDETTI


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