Il timbro del Campo di Concentramento di Istonio Marina (il temine "concentramento" è usato dal governo fascista per indicare l' Internamento) |
Il ricordo di Tito Spinelli dei suoi incontri alla Marina
I confinati sulla battigia
Ultimata la salpata della sciabica più o meno alle nove del mattino, ritirato in secco il battello e cominciata la pulizia delle reti, io mi facevo trovare da mio padre ai bordi di un rigagnolo melmoso che ancora oggi affligge l’arenile vastese. Allora toccavo sì e no i nove anni. Mio padre mi veniva incontro col suo pescato di sarde e di aguglie per avviarci verso il Trave per prendere la via di casa. Spesso si fermava a confabulare con uomini che giocavano a bocce sulla battigia. Erano confinati politici, perlopiù socialisti e comunisti. Malgrado la mia età ero fin troppo curioso e cercavo di afferrare qualche brano della loro conversazione. Però era più il francese a sovrapporsi all’italiano, dato che mio padre era espatriato nel ’23 essendo oppositore del nuovo regime che sempre più si andava trasformando in dittatura. Le leggi razziali erano già in vigore e mio padre, nella sua esperienza d’oltralpe durata sette anni, aveva notato una espressa ostilità antisemita da parte di intellettuali che confluivano – come seppi più tardi – nell’Action Française"; e sperava che la guerra non scoppiasse perché – lo intuiva – gli ebrei sarebbero stati i primi a subirne le conseguenze. Anche quei confinati non si sentivano sicuri nel loro stato, e lo dicevano apertamente; finché una vociaccia di scherano del regime veniva a vomitare minacce nei confronti di chi avesse preso contatto con i confinati. Così, lasciata la spiaggia, io e mio padre ci inerpicavamo su per la scogliera e riprendere il sentiero fino a un passaggio a livello incustodito e là, talvolta, sostavamo per treni di passaggio; per lo più treni merci. E mentre i vagoni si susseguivano sulle rotaie, io e mio padre mai avremmo pensato che nel giro di pochi anni quei vagoni, stipati di esseri umani come bestie, sarebbero stati dirottati verso stazioni senza ritorno.
Tito Spinelli
Nessun commento:
Posta un commento