Da Vasto Domani settembre 2002
Nel periodo napoleonico in Italia vengono introdotte misure amministrative e poliziesche per affrontare le conseguenze sociali dei mutamenti economici e istituzionali. E' significativo, per fare un esempio, che dopo l'occupazione francese il termine "brigantaggio" cominci ad essere impiegato per alludere alle forme di "resistenze e disturbo collettivo". Più in generale, la formazione della società borghese comporta un graduale incremento delle funzioni e dell'azione di polizia nelle città, che vivono una sorta di sindrome dell'accerchiamento da parte di uomini e donne delle campagne.
Negli Abruzzi come è avvenuto nel meridione d'Italia, il brigantaggio, inteso come "banditismo" o "fuoruscitismo", si è manifestato in due fasi storicamente distinte: nel XVI sec. come espressione antispagnola e nel XIX sec. come azione filoborbonica.
All'epoca della dominazione spagnola alcune città dell’Abruzzo “Citeriore" come Sulmona, Atessa, Guardiagrele, ed altre come Teramo, Penne, Campli, e Città S.Angelo dell’Abruzzo “Ulteriore" furono visitate da Giovanna, figlia di Ferdinando che volle rendersi conto della consistenza delle sue terre.
Gli Abruzzesi questa visita non fu gradita e i briganti reagirono con quello che chiamarono un "attacco in massa alla ricchezza privata" in cui si distinse Marco Sciarra, brigante per antonomasia, chiamato il "re delle campagne".
Ancora oggi in Abruzzo dire brigante significa dire Marco Sciarra, incontrastato capofila delle colorite reminiscenze del brigantaggio abruzzese.
Una cosa è certa: Marco Sciarra operò durante la dominazione spagnola verso la fine del XVI secolo alla testa di un esercito di briganti il cui numero raggiunse le 800 unità nella zona dì Civitella del Tronto. Marco Sciarra e i suoi compagni si sentivano al sicuro negli oscuri anfratti delle grotte, in quanto a nessuno veniva in mente di avventurarsi in quegli impervi cunicoli. Uno strano modo di agire quello del "re della campagna" che poco tempo dopo farà uccidere a colpi di archibugio, a Lucera, il Vescovo Scipione Capece Bozzuto, mentre una turba di popolo infuriato al grido di "Viva Marco nostro re !w metteva il paese a ferro e fuoco. Il brigante durante la sua avventurosa esistenza non ha fatto altro che alternare atti di delinquenza ad espressioni di sconcertante generosità.
Le continue scorribande del brigante Sciarra preoccuparono parecchio le autorità di allora che arrivarono alla decisione di offrire una fortissima somma come taglia a chi avrebbe preso "vivo o morto" il "re della campagna".
Il piano di battaglia di questo brigante, da tutti ricercato, fu quello di tenere continuamente in movimento il nemico stancandolo con attacchi, agguati, sorprese, secondo una particolare tattica che dava sempre i suoi frutti.
Nel 1594 o 1596, Sciarra decise di tornarsene nelle sue terre con l'intenzione di riorganizzare una banda potente e numerosa come quella di un tempo.
Durante il viaggio di ritorno verso la sua regione portò con sé alcuni "fedelissimi", ma uno di loro, tale Battistello, evidentemente non era degno di fiducia del brigante e, di notte, mentre tutti dormivano in una forra nella campagna marchigiana, uccise il "re della campagna" colpendolo con una coltellata alla gola.
Il brigantaggio abruzzese, represso in certo qual modo fino al 1860, esplose di nuovo, violentemente, dal '61 quando, approfittando del momento politico, altre numerose bande si resero celebri nello sfogare barbaramente antiche e nuove vendette con la loro smodata avidità di ricchezze.
Nel delineare le cause del brigantaggio in Abruzzo, gli storici di ogni tendenza hanno indicato la rapida decadenza della pastorizia transumante, resa più grave da alcune leggi emanate dal Governo postunitario. L'attività della pastorizia in Abruzzo vedeva impegnati tanti tipi di lavoratori : i pastori, i casari, i garzoni detti "bardotti", i cavallari, i vaccari, tutti "addetti ai lavori" che con la crisi della pastorizia sentirono l'amarezza e la difficoltà della disoccupazione.
I briganti abruzzesi costituiscono dunque tante "tessere" di un "mosaico" vario e colorito, spesso cruento e sanguinoso, con punte non rare di atti di generosità e di altruismo. Nasce così quella che può essere definita la "cronaca nera d'altri tempi" con una delineazione di quelli che hanno dato vita al brigantaggio in Abruzzo o meglio negli Abruzzi.
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