domenica 3 gennaio 2021

Nicola Galante: un vastese che ci onora

da VastoDomani aprile 2004

Artista di livello nazionale, fa  parte del "Gruppo i sei di Torino"


 di Gabriella Izzi Benedetti 

 Opportunamente, la pubblicazione Nicola Galante: Diario di un ebanista (ed. Il Torcoliere, 2003) su iniziativa del Comitato Premio Vasto d'Arte Contemporanea, ripropone opere e scritti dell'ebanista, appunto, e pittore vastese Nicola Galante (1883-1969) e giudizi critici sullo stesso, offrendoci

un interessante investigazione del percorso umano e artistico di un uomo vissuto in prevalenza fuori della sua città d'origine e dunque destinato ad una minore attenzione, non in senso riduttivo, ma per quel distacco inevitabile che deriva dalla lontananza protratta.

Quando Nicola Galante fece la sua scelta, nel 1907, e partì per Torino, è lecito supporre che di questo distacco fosse cosciente e che tuttavia lo desiderasse come base per una ricerca di crescita personale, di autonomia espressiva, libero da condizionamenti ambientali; il che non invalida quello che è l'attaccamento alle proprie origini, l'alto tasso di nostalgia, stati d'animo che possono divenire più stimolanti della presenzialità quotidiana. Del resto questo legame è visibile nella sua produzione ed è sottolineato da critici o amici che si sono espressi su di lui.

 Nel breve scritto Le cose della mia vita il Galante, con rara sinteticità, ripercorre fasi della sua vita e le sue simpatie artistiche, l'amore per gli impressionisti, per Cézanne e Braque. Tra i fatti di rilievo la conoscenza, essendo entrambi collaboratori della rivista "L'artista moderno", del tedesco Curt Siegel che lo spingerà a tentare i disegni dal vero e lo introdurrà nel mondo artistico vero e proprio, dal quale gli deriverà una diversa sensibilizzazione sul significato delle tendenze e delle avanguardie artistiche.

 In questo contesto nasce la frequentazione con Ardengo Soffici e il gruppo di scrittori e artisti che gravitavano intorno alla rivista "La Voce", tra le più autorevoli del primo novecento. Così come attraverso Piero Gobetti inizia un rapporto di amicizia e collaborazione con Carlo Levi, Felice Casorati e altri artisti di livello.

Il Galante, pur rimanendo ancorato al suo lavoro presso la Valabrega di Torino in qualità di ebanista, circostanza che non sempre gli giova nella valutazione dei critici, affina le sue cognizioni e le sue tecniche.

Interessanti sono le sue notazioni su stili e criteri riferiti ai mobili, ma con qualche nota più ampia, durante le grandi esposizioni europee, nelle quali anche l'arte dell'ebanisteria è presente pur in un’ ottica minore, ( ciò gli dispiace).

Dalle sue note si deduce la serietà profes­sionale dell'uomo e la sua non disprezzabile cultura storico-artistica. Farà parte nel '28 del "Gruppo dei sei di Tori­no" con Jessie Boswell, Gigi Chessa, Carlo Levi, Francesco Menzio, Enrico Paulucci. Si tratta di un evento di spessore, con­sacrato dal celebre critico Lionello Venturi. L'anno precedente aveva partecipato alla prima Mostra d'arte del gruppo del "Selvaggio" assieme ad artisti quali Carrà, Soffici, Rosai, Maccari.

 Non è qui il caso di ripercorrere l'iter delle sue molte e apprez­zate mostre personali e collettive, semmai è inte­ressante notare come egli non sia allontanato mai da una schiettezza espressi­va, una semplicità intrin­seca, non integrandosi del tutto con quel mondo com­posito, a volte ambiguo, sempre intellettualizzato e raffinato che frequenta e al quale aderisce per una sorta di istintiva acutezza e per similarità della sensibilità espressi­va. Amici come Ardengo Soffici o Enrico Paulucci insistono, e non sono i soli, su quanto di umile, sem­plice, persino rozzo, c'è in lui, pur traendo da questo quadro analitico motivo di apprezzamento. Scrive Enrico Prampolini: "La serena ingenuità tutta paesana ch'egli possiede, gli permette di vedere i vari aspetti della natura con spirito nuovo e di ren-derli con rude ed evidente plasticità". Differente la valutazione di Mario Soldati: "Ha torto chi vuol vedere in Galante il pendeni di Jessie. Galante-rozzo, Galante-artigiano è una falsa carta d'identità. Galante è invece molto fine, molto signorile. Egli fa delle cose piccole …perché sa che è di buon busto…

 Preziose infatti riescono tutte le tavolette di Galante. Linde nel colore, lisciate come porcellana nella materia. E sempre nutrite di precisi succhi spirituali: specialmente i guazzi e i disegni.

La sua pittura è spesso accostata a quella di Giorgio Morandi, anche se di quest'ultimo non ha il respiro ampio; la sua pittura è più definita e solitaria, senza quelle vibrazioni, quel dinamismo cromatico che contraddistinguono il Morandi; ciò non toglie che sia pittura densa di una poeticità genuina e intimistica. Scrive Carlo Carrà: "La pittura del Galante non è giuoco dei sensi, ma luce di sentimento umano". Le sue xilografie sono dei piccoli capolavori.

La pubblicazione, curata e ben introdotta da Luigi Murolo, con un saggio di Luigi Carluccio, ha il pregio di proporre la figura dell'artista vastese a tutto tondo, attraverso differenti chiavi di lettura. Le riproduzioni che arricchi-scono il testo testimoniano la qualità di un uomo che, partendo da una situazione modesta, rifiutandosi di permanervi, ha avuto l'acutezza di educare ed affinare la sua sensibilità pittorica, la sua metodica, assorbire storicamente l'arte, fino a divenir parte della migliore realtà artistica italiana.

GABRIELLA IZZI BENEDETTI

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