di Gabriella Izzi Benedetti
Opportunamente, la pubblicazione Nicola Galante: Diario di un ebanista (ed. Il Torcoliere, 2003) su iniziativa del Comitato Premio Vasto d'Arte Contemporanea, ripropone opere e scritti dell'ebanista, appunto, e pittore vastese Nicola Galante (1883-1969) e giudizi critici sullo stesso, offrendoci
un interessante investigazione del percorso umano e artistico di un uomo vissuto in prevalenza fuori della sua città d'origine e dunque destinato ad una minore attenzione, non in senso riduttivo, ma per quel distacco inevitabile che deriva dalla lontananza protratta.Quando Nicola Galante fece la sua scelta, nel 1907, e partì per Torino, è lecito supporre che di questo distacco fosse cosciente e che tuttavia lo desiderasse come base per una ricerca di crescita personale, di autonomia espressiva, libero da condizionamenti ambientali; il che non invalida quello che è l'attaccamento alle proprie origini, l'alto tasso di nostalgia, stati d'animo che possono divenire più stimolanti della presenzialità quotidiana. Del resto questo legame è visibile nella sua produzione ed è sottolineato da critici o amici che si sono espressi su di lui.
Il Galante, pur rimanendo ancorato al suo lavoro presso la Valabrega di Torino in qualità di ebanista, circostanza che non sempre gli giova nella valutazione dei critici, affina le sue cognizioni e le sue tecniche.
Interessanti
sono le sue notazioni su stili e criteri riferiti ai mobili, ma con qualche
nota più ampia, durante le grandi esposizioni europee, nelle quali anche l'arte
dell'ebanisteria è presente pur in un’ ottica minore, ( ciò gli dispiace).
Dalle sue note si deduce la serietà professionale dell'uomo e la sua non disprezzabile cultura storico-artistica. Farà parte nel '28 del "Gruppo dei sei di Torino" con Jessie Boswell, Gigi Chessa, Carlo Levi, Francesco Menzio, Enrico Paulucci. Si tratta di un evento di spessore, consacrato dal celebre critico Lionello Venturi. L'anno precedente aveva partecipato alla prima Mostra d'arte del gruppo del "Selvaggio" assieme ad artisti quali Carrà, Soffici, Rosai, Maccari.
La
sua pittura è spesso accostata a quella di Giorgio Morandi, anche se di quest'ultimo
non ha il respiro ampio; la sua pittura è più definita e solitaria, senza
quelle vibrazioni, quel dinamismo cromatico che contraddistinguono il Morandi;
ciò non toglie che sia pittura densa di una poeticità genuina e intimistica.
Scrive Carlo Carrà: "La pittura del Galante non è giuoco dei sensi, ma
luce di sentimento umano". Le sue xilografie sono dei piccoli capolavori.
La pubblicazione, curata e ben introdotta da Luigi Murolo, con un saggio di Luigi Carluccio, ha il pregio di proporre la figura dell'artista vastese a tutto tondo, attraverso differenti chiavi di lettura. Le riproduzioni che arricchi-scono il testo testimoniano la qualità di un uomo che, partendo da una situazione modesta, rifiutandosi di permanervi, ha avuto l'acutezza di educare ed affinare la sua sensibilità pittorica, la sua metodica, assorbire storicamente l'arte, fino a divenir parte della migliore realtà artistica italiana.
GABRIELLA IZZI BENEDETTI
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