venerdì 4 dicembre 2020

ECOLOGIA, necessario equilibrio ambientale: salviamo il verde per salvare noi stessi

 Ripubblichiamo un articolo sull'ecologia apparso su VastoDomani a novembre 1994. Sembra scritto ieri! 

di Gabriella Izzi Benedetti

Le agghiaccianti immagini che la televisione ci ha proposto nei giorni dell'alluvione in Piemonte e in Liguria, ci avvertono ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, dell'urgenza di prevenire simili disastri che si ripetono, tragici e puntuali, fra tante parole e tanto spreco di denaro pubblico. 

Da anni si parla di questi problemi, da anni si stanziano somme. Ma ogni autunno si vive di panico; dopo i disastri i morti sono morti, i senza tetto sono i senza tetto, si fa un gran polverone di parole, di accuse, di scuse, si aggrava il cittadino, specie se dipendente di una "una tantum" che diventerà una semper e ... pronti per il per il prossimo disastro. 

Ma, al di là del fatto specifico, il problema è alla base. Il bel Paese fatto di mari azzurri e fondali limpidi, di climi rigidi o dolci ma sempre salubri, di zone boscose e pianure verdeggianti, diverrà sempre più un ricordo se non si mette mano ad un'azione imponente di risanamento ambientale. La situazione non ammette deroghe: l'Italia si è posta il problema varando la legge Merli che, seppure incompleta avrebbe, una volta fatta rispettare, posto rimedio a molte situazioni. 

Evidentemente l'attenzione ai problemi ambientali non è sufficiente se l'inquinamento dilaga, una gran quantità di specie viventi si avvia verso l'estinzione, si assottiglia lo strato di ozono, le piogge acide diminuiscono la capacità delle piante di crescere e riprodursi, il dislivello di produttività e ricchezze si approfondisce in molte zone del mondo e così via. E i problemi che sembrano lontani da noi, sono invece parte di un ciclo che ci coinvolge tutti, al pari dei problemi più contingenti come la tossicità del traffico o lo smaltimento dei rifiuti. 

C'è il serio pericolo di un irreversibile degrado delle risorse ambientali, tema questo che, in un prossimo futuro sarà un boomerang per tutti, indipendentemente dalla situazione sociale di ciascuna nazione. 

Una delle nostre risorse di sopravvivenza è data dai grossi polmoni di verde, sparsi nella terra ed è importantissimo vigilare perché si fermino i disboscamenti ed il consumo arbitrario e incontrollato del suolo; disboscamenti e consumo del suolo sono la causa principale del dissesto idrogeologico, un fenomeno complesso che si esprime in varie forme: frane, alluvioni, erosioni. Si pensi che in Italia è colpita da fenomeni del genere più della metà dei Comuni. 

Troppi disboscamenti avvenuti sia attualmente che nei secoli passati hanno reso minore la capacità di tenuta dei terreni sia montagnosi che collinari. Troppo spesso l'uomo ha costruito in forma incontrollata solamente a suo pro (ed è appena stato approvato il condono!). Fra l'altro, lungo gli argini dei fiumi, sono spesso sorte industrie le cui scorie tossiche hanno reso invivibili le acque. I fiumi, si sa, sfociano nel mare ... e così di seguito. Il mare Adriatico nei giorni di piena del Po ha assorbito 20.000 metri cubi di melma e di rifiuti tossici al secondo! In un Italia, fra l'altro, in cui la costa bassa, sottoposta a straripamenti grandi e piccoli, arretra: di 3252 Km ne abbiamo perduto un terzo.

La salvezza è tenerci il nostro patrimonio naturale molto stretto: e, una delle valvole di sicurezza, è data dalle aree protette e dai parchi nazionali. Problema questo sentito in tutto il mondo, anzi attuato altrove con maggiore incisività rispetto a noi. L'Italia ha soltanto il 6,5% di aree protette, contro il 20% dell'Inghilterra e Germania; la Francia supera l'8%. Il fatto è anche che il nostro paese si è posto il problema, in termini concreti, più tardi, da circa 90 anni, e precisamente nel 1905, quando un deputato fiorentino, Giovanni Rosadi, naturalista, riuscì a far promulgare dal Parlamento la prima legge a riguardo, purtroppo riferita solo all'area ravennate: la famosa Pineta di Ravenna, ricca di ricordi risorgimentali. Infatti, all'inizio, la ricerca di zone protette non fu tanto ispirata alla difesa dell'ambiente in quanto tale, ma piuttosto a proteggere bellezze naturali connesse alla letteratura, all'arte, alla storia. 


Un altro passo importante fu attuato da Benedetto Croce, nel '21, in qualità di Ministro della PI. Molto sensibile a problematiche ambientali, fece approvare in Parlamento una legge più organica della precedente, nella quale si evidenziava la salvaguardia di bellezze naturali in se stesse. Nacquero allora i primi due grandi parchi italiani: II Gran Paradiso e il Parco d'Abruzzo. Di li a poco si arrivò all'istituzione di quelli dello Stelvio e del Circeo; poi vennero gli altri. Tentativi per estendere entro un'ottica più scientifica la realizzazione dei parchi (geologici, zoologici, botanici) non trovò risposta fumo agli anni '70, quando l'opinione pubblica divenne via via più attenta e consapevole. Un passo importante fu l'istituzione del Ministero dell’Ambente che fece decollare la politica ambientalista. Infatti, un piano triennale con lo stanziamento di 170 miliardi per parchi nazionali e regionali, approvato nel dicembre '93, fu un traguardo essenziale. E si spera di arrivare in Italia ad un buon 10% di aree protette, poiché, secondo gli esperti, questa proporzione garantirebbe un accettabile equilibrio ecologico. Ma, al di là di ciò, è necessario che queste aree riescano ad integrare l'uomo e le sue attività nel rispetto reciproco. Se questa via fosse veramente seguita e vissuta, via chiaramente difficile che esige dall'uomo una enorme civiltà di comportamento e crescita culturale, avremmo risolto in gran parte la problematica del degrado ambientale, dell'inquinamento con tutto ciò che comporta, forse ci avvicineremmo ad una specie di paradiso terrestre. Ecco perché son in tanti a sperarlo e tanti altri a parlare di utopia. Noi siamo, (illusi forse?), tra quelli che sperano perché credono nell'essere umano e nella sua capacità di riscatto. Ma poi arrivano fatti terribili come l'alluvione dei giorni scorsi, e allora le speranze cedono allo scetticismo.

Poi, però, si vede tanta partecipazione, tanta determinazione, si ascoltano tanti "mea culpa". E si spera ancora. Ondeggianti: come canne al vento. Pare sia questo il destino dell'uomo.

Gabriella Izzi Benedetti

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