mercoledì 25 novembre 2020

Quando fu proposto di intitolare l'Ospedale di Vasto a Luigi Marchesani, il medico che l'ha fondato nel 1844

Prima dell’intitolazione del nostro Ospedale a San Pio si era sviluppato un ampio dibattito sul nome dell’uomo illustre a cui dedicarlo.  Alla fine fu scelto il Santo di Pietrelcina, ma  una delle proposte più accreditate era l’intitolazione allo storico Luigi Marchesani. In questo articolo pubblicato su Vasto Domani  a febbraio 2002,  prima della scelta definitiva,  Gabriella Izzi Benedetti  spiegava  le ragioni per cui conveniva intitolare l’Ospedale di Vasto a Luigi Marchesani, medico di professione,  con ampio curriculum,  che  di fatto ha  fondato il nosocomio vastese nel 1844.

(Da Vasto Domani febbraio 2002)
Chi ha paura di Luigi Marchesani ?
- Gabriella Izzi Benedetti -

 Strano caso quello di Luigi Marchesani che in alcuni ha provocato e provoca profonda ammirazione, in altri grande insofferenza.

Da vivo come da morto.

Mi si dirà che avviene sempre per le grandi personalità, quasi che l'essere umano soffra a commisurarsi con essi. Un atteggia mento che può trovare un senso nei contemporanei.

Ma, cos'è che disturba i posteri, che da questa figura hanno solo da guadagnare in prestigio?

 Che, dunque, fosse ostico, da vivo, per la sua rigorosa morale, il suo valore professionale, diversità ideologiche, si può spiegare.

La copertina della Storia di Vasto 
del Marchesani

La legge delle conflittualità e delle invidie è purtroppo una realtà. Quest'uomo tenace, che persegue il suo scopo di medico-scienziato teso a migliorare le condizioni del vivere, di cittadino che lotta per la giustizia sociale, certo che può divenire scomodo. Ma oggi? Tempo fa un signore di Vasto, che si ritiene colto, sapendo che stavo scrivendo la biografia del Marchesani mi chiese: "Perché lo fa? Questo Marchesani non ha fatto che copiare la storia di Vasto a Luigi Anelli". Esterrefatta gli chiarii che il Marchesani (1802-1870) ave va scritto la Storia di Vasto quando l'Anelli (1860-1944) non era ancora nato. E l'Anelli lo ho citato spessissimo. La verità, inoppugnabile, lo seccò comunque. E allora mi chiese: "Ammesso questo (come se i dati cronologici siano un arbitrio e non un dato oggettivo) che altro ha fatto?" Gli spiegai che era stato un grande medico e che grazie a lui nel 1844 Vasto ebbe finalmente un Ospedale vero, e che quest'Ospedale diresse e ammodernò fino alla morte, e che sempre grazie a lui abbiamo a Vasto il primo Museo archeologico d'Abruzzo. Ci rimase ancora peggio. Sicché non sapendo come rivalersi, concluse: "Comunque, non sapeva scrivere". Veramente allucinante. Se la prosa del Marchesani è difficile, non adatta a chi di cultura poco s'intende, chi si professa colto si accorge della sua finezza culturale; scrittura contorta ma sintetica, incisiva e perfino poetica. Del resto non era un letterato, ma uomo di scienza.

 E qui arriviamo al punto.

Un uomo di scienza che curiosamente alcuni vastesi non vogliono riconoscere come tale. Non si spiegherebbe diversamente: a distanza di quasi due secoli l'Ospedale di Vasto non ha ancora il suo nome. Oh! sì. Quante promesse ultimamente, dopo pubblicazioni su di lui. Ma, all'atto pratico?

L'allora sindaco e ora Presidente del Consiglio regionale avv. Tagliente ha mostrato di tenerci, ha promesso; l'ex Direttore sanitario ing. Recchione ha scritto in prefazione al volume "1844, Nascita dello Spedale comunale di Vasto, da un manoscritto di Luigi Marchesani" che era una vergogna che i concittadini non avessero ancora provveduto a far ciò. Si sono associati i Lyon's Club Vasto Host e Vittoria Colonna, il Rotary. Il nome del Marchesani è stato auspicato pubblicamente durante la presentazione del suddetto volume presso il Teatro Rossetti da S. E. Monsignor Menichelli e ribadito, sempre pubblicamente in quell'occasione, dall'assessore dott. Suriani. E, direte voi, cosa è successo? Niente.

Ma, mi direte, il nuovo Ospedale non è stato ancora realizzato; d'accordo. Ma nei dibattiti, nei discorsi, in ogni espressione cittadina mai che si faccia cenno al problema. Si aspetta, cioè, che entri nel dimenticatoio.

Temporaneamente, dicono, l'Ospedale è intitolato a San Camillo         de Lellis. I santi stanno bene dovunque, ma credo che i santi siano i primi a non voler invadere il campo di chi ha diritti specifici. Perfino il Vaticano non ha scelto il nome di un santo per l'Ospedale Padre Gemelli, ma ha ritenuto giusto intitolarlo a colui che Io ha voluto e lo ha fondato. Riflettiamo, su questo messaggio di illuminata civiltà.

 E il Museo? leggo da qualche parte che il Museo è stato realizzato da Pietro Muzj dietro spinta del Marchesani. No, cari signori, non è così.

L'archeologo era il Marchesa­ni, che scavò, mise insieme reperti, pezzo dopo pezzo, li catalogò. Non da solo, certo; ma era l'anima del gruppo; era lui che correva a soprin­tendere ad ogni scavo, una volta avvertito dei ritrova­menti. Infatti a lui contadini, marinai e la cittadinanza tut­ta si rivolgevano come unica autorità in materia; un esper­to che si teneva in contatto con archeologi italiani e d'ol­tralpe.

Avemmo grazie a lui qui a Vasto Teodoro Mommsen, futuro premio Nobel e altri archeologi di fama. E il Mommsen, dimostrando di non essere vastese, e quindi non ignaro dei valori, lo citò ampiamente nel suo "Corpus Inscriptiones latinorum".

Pie­tro Muzj fu un grande sinda­co che durante due mandati fece cose pregevoli. Estimato­re del Marchesani, sposò la causa del Museo (come dell'Ospedale, del resto) e la pro­pose al Decurionato. Per sua ammissione proprio dalla co­noscenza della storia, assorbi­to attraverso l'opera del Mar­chesani, era sorta la riflessione su di un museo cittadino. Non a caso propose come direttore Luigi Marchesani che, dal 1853 fin quasi alla morte si occupò di comporre, arricchire di pezzi il Museo, redigere la sua "Esposizione degli oggetti raccolti nel Gabinetto archeologico comunale di Vasto".

 Basterebbe leggerle la "Storia di Vasto", la "Esposizione..." e le biografie sul Marchesani. Almeno queste.

Strano, in questa città tutti si piccano di essere esperti di storie locali. Di aver letto tutto. Tutto? C'era una volta il caro e dotto Michele Benedetti, veramente esperto di storia patria! Ma era unico. Mi spiace per gli altri.

L'amministrazione cittadina passata aveva comunque posto il problema e avanzato la proposta. L'attuale che fa? E' così avulsa dalla cultura, così dimentica delle tradizioni patrie? Non sa che la grandezza di un luogo sta nei padri che l'hanno resa grande?

"A egregie cose il forte animo accendono, l'urne dei forti, o Pindemonte..." recitava il Foscolo. Dimenticare chi ha dato lustro alla città non "è solo ingeneroso, è gretto e miope. La penalizza di ricchezze che altri, in altri luoghi, valorizzano. Ci si presenta più poveri sulla scena della cultura nazionale. Concludo: mentre altri medici vastesi, altrettanto validi, si godono ricchezza e onori fuori Vasto, il che è giustissimo, per carità, il Marchesani a 39 anni, all'apice del successo professionale, chiude l'affollata e stimata Università di medicina da lui stesso fondata nell'allora Capitale Napoli, si dimette dal ruolo di primario o consulente presso vari Ospedali napoletani, si allontana dai circoli storici e archeologici di cui è socio, attraverso i quali respira il clima dell'evoluzione scientifica e culturale, lascia quel mondo prestigioso di cui è parte e ritorna nel 1841 a Vasto per mettere la sua esperienza al servizio della città natale della quale, tra il 1837 e il 1840, ha scritto la storia.

Dal 1838 si attiva per creare un Ospedale, il primo, vero, in Vasto. Lotta duramente e ci riesce nel 1844. Diviene direttore, economo, raggruppa intorno a sé i medici migliori, incomincia con due stanze di degenza, crea ampliamenti, innovazioni in tutti i settori, si adegua alle nuove terapie, è un medico illuminato.

Ci spende oltre 30 anni di vita, fino alla morte. Vogliamo dimenticare tutto questo?

Quanti dei nostri nonni e bisnonni sono vivi grazie a quest'uomo? E, se non ci fossero loro, ci saremmo noi, oggi?

Gabriella Izzi Benedetti



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