Prima dell’intitolazione del nostro Ospedale a San Pio si era sviluppato un ampio dibattito sul nome dell’uomo illustre a cui dedicarlo. Alla fine fu scelto il Santo di Pietrelcina, ma una delle proposte più accreditate era l’intitolazione allo storico Luigi Marchesani. In questo articolo pubblicato su Vasto Domani a febbraio 2002, prima della scelta definitiva, Gabriella Izzi Benedetti spiegava le ragioni per cui conveniva intitolare l’Ospedale di Vasto a Luigi Marchesani, medico di professione, con ampio curriculum, che di fatto ha fondato il nosocomio vastese nel 1844.
(Da Vasto Domani febbraio 2002)Chi ha paura di Luigi Marchesani ?
- Gabriella Izzi Benedetti -
Strano caso quello di Luigi Marchesani che in alcuni ha provocato e provoca profonda ammirazione, in altri grande insofferenza.
Da vivo come da morto.
Mi
si dirà che avviene sempre per le grandi personalità, quasi che l'essere umano
soffra a commisurarsi con essi. Un atteggia mento che può trovare un senso nei
contemporanei.
Ma,
cos'è che disturba i posteri, che da questa figura hanno solo da guadagnare in
prestigio?
Che, dunque, fosse ostico, da vivo, per la sua rigorosa morale, il suo valore professionale, diversità ideologiche, si può spiegare.
La copertina della Storia di Vasto del Marchesani |
La
legge delle conflittualità e delle invidie è purtroppo una realtà. Quest'uomo
tenace, che persegue il suo scopo di medico-scienziato teso a migliorare le
condizioni del vivere, di cittadino che lotta per la giustizia sociale, certo
che può divenire scomodo. Ma oggi? Tempo fa un signore di Vasto, che si ritiene
colto, sapendo che stavo scrivendo la biografia del Marchesani mi chiese:
"Perché lo fa? Questo Marchesani non ha fatto che copiare la storia di
Vasto a Luigi Anelli". Esterrefatta gli chiarii che il Marchesani
(1802-1870) ave va scritto la Storia di Vasto quando l'Anelli (1860-1944) non
era ancora nato. E l'Anelli lo ho citato spessissimo. La verità, inoppugnabile,
lo seccò comunque. E allora mi chiese: "Ammesso questo (come se i dati
cronologici siano un arbitrio e non un dato oggettivo) che altro ha
fatto?" Gli spiegai che era stato un grande medico e che grazie a lui nel
1844 Vasto ebbe finalmente un Ospedale vero, e che quest'Ospedale diresse e
ammodernò fino alla morte, e che sempre grazie a lui abbiamo a Vasto il primo
Museo archeologico d'Abruzzo. Ci rimase ancora peggio. Sicché non sapendo come
rivalersi, concluse: "Comunque, non sapeva scrivere". Veramente
allucinante. Se la prosa del Marchesani è difficile, non adatta a chi di
cultura poco s'intende, chi si professa colto si accorge della sua finezza
culturale; scrittura contorta ma sintetica, incisiva e perfino poetica. Del
resto non era un letterato, ma uomo di scienza.
E qui arriviamo al punto.
Un
uomo di scienza che curiosamente alcuni vastesi non vogliono riconoscere come
tale. Non si spiegherebbe diversamente: a distanza di quasi due secoli
l'Ospedale di Vasto non ha ancora il suo nome. Oh! sì. Quante promesse
ultimamente, dopo pubblicazioni su di lui. Ma, all'atto pratico?
L'allora
sindaco e ora Presidente del Consiglio regionale avv. Tagliente ha mostrato di
tenerci, ha promesso; l'ex Direttore sanitario ing. Recchione ha scritto in
prefazione al volume "1844, Nascita dello Spedale comunale di Vasto, da un
manoscritto di Luigi Marchesani" che era una vergogna che i concittadini
non avessero ancora provveduto a far ciò. Si sono associati i Lyon's Club Vasto
Host e Vittoria Colonna, il Rotary. Il nome del Marchesani è stato auspicato
pubblicamente durante la presentazione del suddetto volume presso il Teatro
Rossetti da S. E. Monsignor Menichelli e ribadito, sempre pubblicamente in
quell'occasione, dall'assessore dott. Suriani. E, direte voi, cosa è successo?
Niente.
Ma,
mi direte, il nuovo Ospedale non è stato ancora realizzato; d'accordo. Ma nei
dibattiti, nei discorsi, in ogni espressione cittadina mai che si faccia cenno
al problema. Si aspetta, cioè, che entri nel dimenticatoio.
Temporaneamente, dicono, l'Ospedale è intitolato a San Camillo de Lellis. I santi stanno bene dovunque, ma credo che i santi siano i primi a non voler invadere il campo di chi ha diritti specifici. Perfino il Vaticano non ha scelto il nome di un santo per l'Ospedale Padre Gemelli, ma ha ritenuto giusto intitolarlo a colui che Io ha voluto e lo ha fondato. Riflettiamo, su questo messaggio di illuminata civiltà.
E il Museo? leggo da qualche parte che il Museo è stato realizzato da Pietro Muzj dietro spinta del Marchesani. No, cari signori, non è così.
L'archeologo
era il Marchesani, che scavò, mise insieme reperti, pezzo dopo pezzo, li
catalogò. Non da solo, certo; ma era l'anima del gruppo; era lui che correva a
soprintendere ad ogni scavo, una volta avvertito dei ritrovamenti. Infatti a
lui contadini, marinai e la cittadinanza tutta si rivolgevano come unica
autorità in materia; un esperto che si teneva in contatto con archeologi
italiani e d'oltralpe.
Avemmo
grazie a lui qui a Vasto Teodoro Mommsen, futuro premio Nobel e altri
archeologi di fama. E il Mommsen, dimostrando di non essere vastese, e quindi
non ignaro dei valori, lo citò ampiamente nel suo "Corpus Inscriptiones
latinorum".
Pietro
Muzj fu un grande sindaco che durante due mandati fece cose pregevoli.
Estimatore del Marchesani, sposò la causa del Museo (come dell'Ospedale, del
resto) e la propose al Decurionato. Per sua ammissione proprio dalla conoscenza
della storia, assorbito attraverso l'opera del Marchesani, era sorta la
riflessione su di un museo cittadino. Non a caso propose come direttore Luigi
Marchesani che, dal 1853 fin quasi alla morte si occupò di comporre, arricchire
di pezzi il Museo, redigere la sua "Esposizione degli oggetti raccolti nel
Gabinetto archeologico comunale di Vasto".
Basterebbe leggerle la "Storia di Vasto", la "Esposizione..." e le biografie sul Marchesani. Almeno queste.
Strano,
in questa città tutti si piccano di essere esperti di storie locali. Di aver
letto tutto. Tutto? C'era una volta il caro e dotto Michele Benedetti,
veramente esperto di storia patria! Ma era unico. Mi spiace per gli altri.
L'amministrazione
cittadina passata aveva comunque posto il problema e avanzato la proposta.
L'attuale che fa? E' così avulsa dalla cultura, così dimentica delle tradizioni
patrie? Non sa che la grandezza di un luogo sta nei padri che l'hanno resa
grande?
"A
egregie cose il forte animo accendono, l'urne dei forti, o Pindemonte..."
recitava il Foscolo. Dimenticare chi ha dato lustro alla città non "è solo
ingeneroso, è gretto e miope. La penalizza di ricchezze che altri, in altri
luoghi, valorizzano. Ci si presenta più poveri sulla scena della cultura
nazionale. Concludo: mentre altri medici vastesi, altrettanto validi, si godono
ricchezza e onori fuori Vasto, il che è giustissimo, per carità, il Marchesani
a 39 anni, all'apice del successo professionale, chiude l'affollata e stimata
Università di medicina da lui stesso fondata nell'allora Capitale Napoli, si
dimette dal ruolo di primario o consulente presso vari Ospedali napoletani, si
allontana dai circoli storici e archeologici di cui è socio, attraverso i quali
respira il clima dell'evoluzione scientifica e culturale, lascia quel mondo
prestigioso di cui è parte e ritorna nel 1841 a Vasto per mettere la sua
esperienza al servizio della città natale della quale, tra il 1837 e il 1840,
ha scritto la storia.
Dal
1838 si attiva per creare un Ospedale, il primo, vero, in Vasto. Lotta
duramente e ci riesce nel 1844. Diviene direttore, economo, raggruppa intorno a
sé i medici migliori, incomincia con due stanze di degenza, crea ampliamenti,
innovazioni in tutti i settori, si adegua alle nuove terapie, è un medico
illuminato.
Ci
spende oltre 30 anni di vita, fino alla morte. Vogliamo dimenticare tutto
questo?
Quanti
dei nostri nonni e bisnonni sono vivi grazie a quest'uomo? E, se non ci fossero
loro, ci saremmo noi, oggi?
Gabriella Izzi Benedetti
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